Voladores e libero arbitrio

Rispetto a quanto riferito fino ad ora della concezione tolteca, le considerazioni che seguono possono apparire ancora più sconcertanti e possono generare una varietà di reazioni nel lettore: di difesa come il rifiuto o di consapevolezza profonda come angoscia, senso di schifo, paranoia.

«Perché desideriamo che qualcuno ci guidi quando possiamo fare da soli?»

«Gli sciamani dell’antico Messico scoprirono che abbiamo un compagno che resta con noi per tutta la vita, un predatore che emerge dalle profondità del cosmo e assume il dominio della nostra vita.»
Don Juan Matus

Rivolgo per questo al lettore lo stesso invito che il Nagual Carlos fece alla conferenza di Santa Monica, in California, nel 1993 – la sua prima apparizione pubblica dopo decenni di totale anonimato:

«Il mio nome è Carlos Castaneda. Vorrei pregarvi di una cosa. Vi prego di sospendere per oggi il giudizio. Vi prego di aprirvi – anche solo per un’ora – alla possibilità che sto per presentarvi.
Per trent’anni sono stato irreperibile. Non sono solito rivolgermi alla gente e parlare. Ma ora, per un momento, sono qui. È nostro dovere ripagare un debito a coloro che hanno fatto la fatica di mostrarci certe cose. Questo sapere noi lo abbiamo ereditato. Don Juan ci disse che non dobbiamo difenderlo. Vorremmo farvi capire che ci sono opzioni, possibilità insolite che non sono fuori dalla vostra portata.»
Gli antichi stregoni si accorsero per primi che qualcosa non andava per il verso giusto. Essi videro che nei bambini, le emanazioni luminose – tenute insieme da una forza agglutinante nella forma di un uovo – erano anche ricoperte da una patina di straordinario splendore.
Videro che alla crescita del bambino questa patina, anziché svilupparsi anch’essa di conseguenza, diminuiva drammaticamente.

Videro che questo involucro di luce era direttamente correlato alla consapevolezza dell’individuo e lo chiamarono lo splendore della consapevolezza.
La consapevolezza non si sviluppava come sarebbe stato naturale.
Inquietati da questa incongruenza estesero le loro indagini e scoprirono la presenza di esseri oscuri posti direttamente sullo sfondo del campo energetico umano e per questo difficilmente individuabili.

Gli sciamani toltechi scoprirono la presenza di esseri oscuri posti direttamente sullo sfondo del campo energetico umano e per questo difficilmente individuabili.

Gli stregoni videro che questi esseri oscuri si cibavano della lucentezza della consapevolezza di ogni individuo, riducendone sempre di più la patina luminosa.
Le entità oscure sono particolari esseri inorganici, coscienti e molto evoluti e poiché si muovono saltellando o volando come spaventose ombre vampire furono chiamati los voladores, ovvero quelli che volano.

Don Juan: «Sei arrivato, e con le tue sole forze, a ciò che per gli sciamani dell’antico Messico era la questione suprema. Per tutto questo tempo non ho fatto che menare il can per l’aia, insinuando in te l’idea di un qualcosa che ci tiene prigionieri. Ed è davvero così!»

Carlos: «Perché questo predatore ci avrebbe sottomessi nel modo che stai descrivendo, don Juan? Dev’esserci una spiegazione logica.»

Don Juan: «Una spiegazione c’è ed è la più semplice che si possa immaginare. I predatori hanno preso il sopravvento perché siamo il loro cibo, la loro fonte di sostentamento. Ecco perché ci spremono senza pietà. Proprio come noi alleviamo i polli nelle stie…»

I voladores si nutrono solo di un determinato tipo di energia e, come vedremo, noi produciamo molta di quella energia. Questo ci fa essere le prede ideali da mungere quotidianamente.

Il danno energetico che questa azione predatrice ci arreca è immenso. Siamo esseri magici dotati di possibilità infinite condannati a brandelli di consapevolezza: i voladores consumano regolarmente la patina luminosa – che torna a crescere per sua natura – e come impeccabili giardinieri tengono l’erba rasa sempre allo stesso (misero) livello. Gli sciamani vedono che la patina di luminosità rimastaci è una piccola pozzanghera di luce sotto i piedi, che non arriva nemmeno agli alluci. Questa consapevolezza rimastaci è davvero poca cosa e ci permette giusto di interagire nel mondo quotidiano fissato dalla socializzazione, ma certo non ci dà modo di comprendere la nostra reale situazione o di riconoscere che condividiamo lo stesso destino degli animali che alleviamo.

Come inconsapevoli schiavi ci identifichiamo nei nostri predatori e riproponiamo i loro nefandi comportamenti con la natura in generale inquinando, disboscando, distruggendo e «sfruttiamo noi stessi senza ritegno i nostri animali: li mungiamo, li tosiamo, prendiamo loro le uova e poi li macelliamo o li rendiamo in diversi modi sottomessi e mansueti. Li leghiamo, li mettiamo in gabbia, tagliamo loro le ali, le corna, gli artigli ed i becchi, li ammaestriamo rendendoli dipendenti e gli togliamo poco a poco l’aggressività e l’istinto naturale per la libertà.»

Ci manca l’energia, non possiamo fare altro che specchiarci, nella pozzanghera di consapevolezza, in un limitato e illusorio riflesso di sé, una falsa personalità. «La coscienza delle suole rispecchia la nostra immagine, la nostra superbia e il nostro ego, i quali alla fine non sono altro che la nostra vera gabbia.»

L’esigua pozzanghera di consapevolezza è l’epicentro dell’egocentrismo in cui l’uomo è inconsapevolmente intrappolato.
Ci hanno tolto tutta l’energia, ma ci hanno lasciato proprio quella che ruota intorno all’Ego!

E proprio facendo leva sul nostro egocentrismo i voladores creano fiammate di consapevolezza che poi voracemente consumano. I predatori alimentano l’avidità, il desiderio smodato, la codardia, l’aggressività, l’importanza personale, la violenza, le emozioni forti, l’autocompiacimento ma anche l’autocommiserazione. Le fiamme energetiche generate da queste qualità “negative” sono il loro cibo prediletto.

I voladores non amano invece la qualità vibrazionale della consapevolezza, dell’amore puro, dell’armonia, dell’equilibrio, della pace, della sobrietà… in una parola aborriscono la qualità energetica della crescita evolutiva, e hanno ogni vantaggio nel boicottare ogni nostro incremento di coscienza.

«La nostra mentalità da schiavi, che nella cultura giudeo-cristiana ci promette consolazione nell’aldilà, non porta alcun vantaggio a noi stessi, bensì ad una forza estranea, che in cambio della nostra energia ci fornisce credenze, fedi e modi di vedere che limitano le nostre possibilità e ci fanno cadere nella dipendenza.»

Secondo don Juan sono stati proprio i voladores a instillarci stupidi sistemi di credenza, le abitudini, le consuetudini sociali, e sono loro a definire le nostre paure, le nostre speranze, sono loro ad alimentare in continuazione e senza ritegno il nostro Ego.

Carlos: «Ma come ci riescono, don Juan? Ci sussurrano queste cose all’orecchio mentre dormiamo?»

Don Juan: «Certamente no. Sarebbe idiota! Sono infinitamente più efficienti e organizzati. Per mantenerci obbedienti, deboli e mansueti, i predatori si sono impegnati in un’operazione stupenda, naturalmente dal punto di vista dello stratega. Orrenda nell’ottica di chi la subisce.

Ci hanno dato la loro mente!

Mi ascolti? I predatori ci hanno dato la loro mente che è la nostra. La mente dei predatori è barocca, contraddittoria, tetra, ossessionata dal timore di essere smascherata. Benché tu non abbia mai sofferto la fame, sei ugualmente vittima dell’ansia da cibo e la tua altro non è che l’ansia del predatore, sempre timoroso che il suo stratagemma venga scoperto e il nutrimento gli sia negato. Tramite la mente che, dopotutto, è la loro, i predatori instillano nella vita degli uomini ciò che più gli conviene…

Le nostre meschinità e le nostre contraddizioni sono il risultato di un conflitto trascendentale che affligge tutti noi, ma di cui solo gli sciamani sono dolorosamente e disperatamente consapevoli: si tratta del conflitto delle nostre due menti.

Una è la nostra vera mente, il prodotto delle nostre esperienze di vita, quella che parla di rado perché è stata sconfitta e relegata nell’oscurità. L’altra, quella che usiamo ogni giorno per qualunque attività quotidiana, è una installazione estranea.»

Carlos: «Ma se gli sciamani dell’antico Messico e quelli attuali vedono i predatori, perché non fanno nulla?»

Don Juan: «Non c’è nulla che tu e io possiamo fare se non esercitare l’autodisciplina fino a renderci inaccessibili.
Ma pensi forse di poter convincere i tuoi simili ad affrontare tali rigori? Si metterebbero a ridere e si farebbero beffe di te, e i più aggressivi ti picchierebbero a morte. Non perché non ti credano. Nel profondo di ogni essere umano c’è una consapevolezza ancestrale, viscerale, dell’esistenza dei predatori.»

Gli esseri inorganici. Gli sciamani avevano scoperto che il mondo è una combinazione di due luoghi opposti e complementari, uno è il mondo che conosciamo o mondo degli esseri organici, l’altro è il mondo degli esseri inorganici che hanno consapevolezza ma non organismo, è un mondo gemello che occupa lo stesso spazio del nostro, noi non ci accorgiamo di loro ma loro si accorgono di noi.
Questi esseri non sono mai stati organici eppure hanno una consapevolezza che si evolve al pari della nostra.
Don Juan gli disse che sulla terra c’erano esseri inorganici che vagavano; gli sciamani li vedevano come sottili serpenti verticali o masse opache simili a candele. Essi sono attratti da noi e interagiscono con noi, la loro consapevolezza è lentissima, e gli sciamani li attirano nei sogni. Quando nel sogno il punto di unione si sposta essi ne sono attratti. Attraversando i due varchi del sognare si può attrarli e sentire le loro scariche di energia.
La loro energia si muove a velocità diversa dalla nostra per cui è difficile entrare in contatto con loro, ma si deve farlo senza paura, con un senso di forza e di distacco.
Possiamo avvertirne la presenza anche nel mondo visibile con un soprassalto fisico, una specie di brivido freddo che ci corre d’improvviso nelle ossa o una specie di scarica elettrica.
Nei sogni proviamo un parossismo di paura, ma, se abbiamo paura, queste forme ci inseguono.
Gli sciamani invece sanno unirsi a loro e farne degli alleati, e il segreto è non averne paura. Non si diventa sciamani se si ha paura.
Occorre abbandonare tanto la presunzione quanto la paura. Il viaggio interdimensionale richiede un sottile senso dell’equilibrio.
Gli esseri inorganici possono portare lo sciamano fuori del mondo umano.
Quando Castaneda cessò di avere attacchi di paura e entrò in una gran calma, allora le svolte del sognare arrivarono improvvise. Ed ecco che in un sogno li vide: “erano due figure dall’aspetto insolito, sottili, larghe non più di trenta cm ma lunghe ben più di due metri, incombevano su me come due enormi lombrichi”. Poi, le figure gli apparvero ogni volta che sognava. Don Juan gli disse che lo avevano scelto come amico in un reciproco scambio di consapevolezza e glieli fece incontrare da sveglio.
Lo portò tra le rocce nel deserto di Sonora dicendogli di visualizzare la loro forma, quando Castaneda aprì gli occhi vide due scuri bastoni minacciosi, ne afferrò uno e fu colpito da una scarica elettrica che gli diede la nausea, fu una specie di lotta, poi l’essere scomparve.

Quello che noi chiamiamo Angelo. Angelo vuol dire ‘messaggero’.
Castaneda si faceva molte domande, un giorno una voce dal nulla gli rispose. (Io ebbi una voce diretta per sei mesi che diceva fuori di me, nella stanza, delle brevi frasi a mo’ di epigrafi, con contenuto morale, indicative di come migliorarmi nella mia vita. Lori invece sentiva queste brevi frasi al risveglio, quando era a metà tra sonno e veglia. Laura bionda chiudeva gli occhi e vedeva le frasi scritte su un muro bianco. Donatella sentiva le frasi quando entrava in trance e le scriveva su un foglio, molti messaggi erano in poesia. E si pensi che tutti i libri di rivelazione sacra, La Bibbia come il Corano come i Veda sono in forma poetica).
Don Juan gli disse che cose simili sono normali per uno stregone e che aveva sentito la voce del suo Emissario del Sogno.
Dopo aver attraversato il primo e il secondo Varco i Sognatori cominciano a vedere cose e a sentire una voce. L’Emissario del Sogno è energia aliena che si propone di aiutare il Sognatore, ma non può oltrepassare ciò che il Sognatore sa, anche se ciò dice appare come una rivelazione.
In genere il Sognatore pensa di ricevere dei consigli sacri.
L’Emissario può essere una voce disincarnata o può apparire con una forma visibile, è una forza che viene dal mondo degli esseri inorganici e che i Sognatori incontrano sempre.
Tutto il mondo degli esseri inorganici è sempre pronto a insegnare, essi hanno una consapevolezza più profonda e si sentono obbligati a prenderci sotto le loro ali, “prendono il nostro Sé di base come misura di quello di cui abbiamo bisogno e poi ci insegnano di conseguenza…Ma se questo Sé è di basso livello anche gli insegnamenti sono di basso livello”.
Gli antichi sciamani si appoggiarono molto a questi Emissari, essi rappresentavano un ponte perfetto, erano portati a guidare. Ma Don Juan non li apprezzava perché voleva essere libero nelle sue scelte mentre chi si appoggiava agli Emissari finisce col consultarli per ogni cosa perdendo la propria iniziativa.
Castaneda sentì la voce dell’Emissario che diceva: ”Io ti piaccio perché non trovi nulla di male nell’esplorare tutte le possibilità. Tu miri alla conoscenza e la conoscenza è Potere. Non vuoi rimanertene al sicuro nelle credenze e nelle abitudini del nostro mondo di tutti i giorni”. La voce parlava in californiano, in spagnolo e in portoghese ma Castaneda ne provò nausea.

Quando il punto di unione si spostava, cambiava la forma di energia e avveniva un piccolo cambiamento. Ora questi cambiamenti dovevano essere conservati in una unità coesa, e questo avveniva quando il sogno era molto chiaro.
Don Juan voleva far diventare il punto di unione di Castaneda fluido, diceva che nei bambini esso è sfarfallante e cambia posto con facilità, per questo i bambini sanno e vedono molte più cose degli adulti, ma non ne parlano perché gli adulti non li credono e a poco a poco essi imparano a rimuovere quelle percezioni che non si adattano all’ambiente culturale in cui crescono e si omologano agli altri.
L’abitudine culturale e sociale stabilizza il punto di unione.
Nello stregone questa fissazione viene annullata, egli percepisce cose per cui non ha punti di riferimento.

Il terzo varco del sognare è vedere in sogno qualcuno che dorme e scoprire che siamo noi.
Questo completa il corpo energetico che deve resistere alla tentazione di essere catturato da ogni dettaglio di ciò che vede.
Le storie di stregoneria dicono che gli sciamani antichi riuscirono a modificare le linee delle loro uova luminose, formularono una linea che era mille volte più grande delle dimensioni di un globo energetico normale e percepirono tutti i filamenti luminosi che attraversano quella linea, e dunque riuscirono ad allungare la durata della coscienza, così restarono vivi in qualche mondo che non sappiamo, da cui a volte tornano sulla terra.
Si dice che la sciamana Carol Tiggs, amica di Don Juan, scomparve per dieci anni per ricomparire all’improvviso, stralunata, in una libreria di Santa Monica.

La storia della magia tolteca finisce qui.

Castaneda è morto a 73 anni di tumore al fegato. Nel mondo antico il fegato era l’organo della consapevolezza, l’organo dell’anima, dove Jung poneva l’origine del sognare. Quell’organo che rifletteva l’universo e che antichi popoli, gli Etruschi come i Celti, consultavano nell’arte aruspicina per predire le sorti.

Noi possiamo anche pensare che Castaneda non sia veramente morto ma che si sia spinto in là con la sua consapevolezza e che stia viaggiando attraverso mondi a noi sconosciuti e possiamo pensare che egli possa un giorno misteriosamente ritornare.

Aveva detto a Don Juan: “Io voglio la libertà. La libertà di conservare la mia consapevolezza e anche di scomparire nell’infinito”.

Breve biografia di Carlos Castaneda. Gli undici volumi della sua opera narrano del suo apprendistato durato tredici anni, con lo sciamano don Juan Matus, messicano di etnia yaqui. I suoi lavori subito criticati dall’ambiente antropologico, perché ritenuti non consoni agli standards accademici, riscossero un’eccezionale accoglienza dal pubblico che così venne a contatto per la prima volta con i principi più profondi dello sciamanesimo tolteco.La biografia di Castaneda attualmente disponibile non può avvalersi di dati certi e precisi, perché buona parte della sua vita fu avvolta dal mistero; rare sono state, almeno in un primo momento, le interviste e le foto, e del tutto sporadiche le apparizioni in pubblico. Carlos Arana Castaneda nacque nel 1925 a Cajamarca, in Perù e nel 1951 emigrò a Los Angeles. Si laureò in antropologia alla celebre Università della California di Los Angeles. Nel 1960, mentre era impegnato in una ricerca sul campo intorno alle proprietà di alcune piante psicotrope, conobbe Don Juan. Questo incontro gli avrebbe cambiato la vita. L’iniziale approccio antropologico si trasformò in una vera e propria iniziazione allo sciamanesimo, le cui tappe sono descritte dettagliatamente nel suo primo libro “A scuola dallo stregone-Gli insegnamenti di Don Juan”, che fu accettato dall’Università della California come tesi di laurea e pubblicato nel 1968.

L’apprendistato con Don Juan

Durante i primi cinque anni dell’apprendistato, lo sciamano somministrò a Castaneda diverse piante allucinogene (la Lophophora Williamsii, la Datura inoxia e la Psilocybe mexicana), piante sacre sotto il cui influsso un terribile segreto gli fu rivelato: il mondo, così come lo vediamo, è solo il risultato di ciò che ci hanno insegnato a vedere. E’la prima delle molte sfide in cui Castaneda vedrà messe in gioco le strutture della sua mente, nel conflitto implacabile tra la sua razionalità di uomo occidentale e la percezione del mondo degli stregoni. Nel 1971 Castaneda pubblicò “Una realtà separata”, continuando la trascrizione degli insegnamenti di Don Juan. Anche qui l’uso rituale delle piante allucinogene assume un ruolo fondamentale, ma è la figura di don Juan a campeggiare; la “via con un cuore” che egli prospetta ad un sempre più incredulo Castaneda, risplende del rigore e della limpidezza morale, della straordinaria intensità delle sue azioni. E’ nel terzo libro, Viaggio ad Ixtlan,che vengono precisati e sviluppati alcuni dei concetti chiave della tradizione tolteca. Il racconto delle esperienze sostenute con le piante psicotrope resta di fatto sullo sfondo, e alla cronaca si sovrappone l’analisi delle strutture concettuali del mondo di don Juan. Don Juan stesso confiderà in seguito a Castaneda che l’uso delle piante allucinogene non ha un valore assoluto nel sistema sciamanico; si rende necessario nel caso in cui le strutture razionali dell’apprendista non possono cedere senza ricevere un duro scossone.

E’ per altro innegabile che il successo dei primi tre libri di Castaneda, pubblicati agli inizi degli anni Settanta, nel pieno fiorire della cultura psichedelica, fu dovuto in buona parte ai resoconti dei “viaggi” seguiti dall’ingestione di piante magiche e si trattò, senza dubbio, di una coincidenza fortunata.

Dopo la pubblicazione di Viaggio ad Ixtlan Castaneda interruppe per un lungo periodo i suoi rapporti con Don Juan. Quando li riprese venne catapultato in una nuova fase della sua esperienza iniziatica, in cui gli insegnamenti di don Juan acquistano uno spessore ed una portata del tutto imprevedibili.

L’universo degli sciamani toltechi si rivela finalmente in tutta la sua coerenza e nella sua complessità; don Juan lo trasmette al suo apprendista per mezzo della spiegazione degli stregoni, di cui tonal enagual sono i concetti cardine.

L’isola del tonal è per l’appunto il titolo di questo quarto libro. Al termine dell’opera, al momento della definitiva scomparsa di don Juan, l’accettazione del sistema sciamanico tolteco da parte di Castaneda sarà assoluta e senza incertezze, al punto che l’antropologo accetterà di gettarsi in piena consapevolezza da un abisso, sfidando e vincendo una morte altrimenti inevitabile.

Dopo questo “salto nell’abisso”, l’apprendistato di Castaneda continua fra compagni diversi: quattro donne e quattro uomini che avevano condiviso con lui una parte degli insegnamenti di don Juan. Il secondo anello del potere e la prima metà de Il dono dell’Aquila, i due successivi lavori dello scrittore sudamericano, sono dedicati al resoconto della sua incapacità di assumere il ruolo di leader di questo gruppo. Ma sarà proprio l’interazione con una delle donne-guerriere, la Gorda, a suscitare in lui l’emergere di un imponente flusso di ricordi, che gli sveleranno un’ulteriore, incredibile serie di istruzioni ricevute da don Juan in un particolare stato di consapevolezza, la “seconda attenzione”. Da quel momento in poi, a partire dalla seconda metà de Il dono dell’Aquila, tutte le opere di Castaneda sono dedicate all’assemblaggio di quelle perdute esperienze ed alla ricostruzione del sistema cognitivo degli antichi sciamani toltechi (è questo il caso de Il fuoco dal prodondo e de Il potere del silenzio, rispettivamente settimo ed ottavo libro dell’autore).

Con l’Arte di sognare, posteriore di qualche anno, entrano in scena tre nuovi personaggi: Carol Tiggs, la donna-nagual, Florinda Donner-Grau e Taisha Abelar due giovani apprendiste che accompagneranno l’ultima fase della vita di Castaneda. Saranno autrici a loro volta di testi fondamentali per la comprensione e la definizione dell’universo degli sciamani toltechi, nonché attrici in prima persona di quell’imprevista evoluzione degli insegnamenti castanediani proposta nella penultima fatica dello scrittore peruviano: Tensegrità, un tentativo di mettere le pratiche degli antichi sciamani toltechi a disposizione di tutti.

Il testamento spirituale di Castaneda è affidato a Il lato attivo dell’Infinito, scritto pochi mesi prima della morte. E’ un’opera anomala e struggente, che ripercorre le prime fasi della sua relazione con don Juan, per concludersi simbolicamente nel momento in cui, miracolosamente sopravvissuto al “salto nell’abisso”, Castaneda era rientrato nel mondo della vita di tutti i giorni, non più semplicemente uomo, ma sciamano.

Tonal e Nagual

Tutte le conoscenze trasmesse da Don Juan a Carlos Castaneda appartengono ad un’antichissima tradizione, sviluppata da uomini che vissero secoli prima della colonizzazione spagnola, i Toltechi, i cui sciamani erano depositari di segreti e misteri che li rendevano molto diversi dagli uomini comuni. Si tratta di una tradizione millenaria che ha avuto un’evoluzione travagliata, non priva di momenti di profondissima crisi. L’arrivo dei Conquistadores ne rappresenta l’esempio più eclatante. Gli stregoni toltechi, messi di fronte ad un evento epocale, che aveva quasi spazzato via l’intera civiltà sudamericana, dovettero affrontare un’alternativa senza vie di scampo: adeguarsi o sparire. Una nuova generazione di veggenti (chiamati per l’appunto da don Juan i “nuovi veggenti”) mise in atto allora un profondo rinnovamento, separandoli per sempre dai modi e dalle pratiche dei veggenti delle generazioni precedenti: li tramutò in “esploratori dell’Infinito”, capaci di accrescere fino ai limiti estremi i confini della percezione ed incuranti di esercitare il proprio potere sul resto della razza umana. Don Juan sosteneva di essere l’ultimoNagual di questo nuovo lignaggio.

La prima parte dell’apprendistato di Castaneda culmina nella definizione di questi concetti. Don Juan si serve del tavolino di un ristorante per rendere accessibile al suo allievo laspiegazione degli stregoni, cioè l’essenza del tonal e del nagual. Tutti gli oggetti che stanno sul tavolo, la tovaglia, le posate, i bicchieri, la saliera ecc., rappresentano le cose del mondo così come si presentano alla percezione di un qualunque essere umano. Tutto quello che può essere percepito, pensato o immaginato, dalla più infima particella subatomica, alla totalità delle galassie stesse, trova posto sul tavolino di don Juan, di fronte all’allibito sguardo di Castaneda: è il Tonal, l’effetto finale di una forza smisurata che costringe il mondo ad essere così com’è e come ci appare.

Tutto quello che non può essere pensato dalla nostra mente, e che pur esiste liberamente al di fuori del suo raggio d’azione è il Nagual, un’immensità in parte semplicemente ignota, in parte del tutto irraggiungibile per l’uomo. Qualunque briciola di essa venga afferrata dalla nostra mente si trasforma in uno dei tanti oggetti sopra il tavolo di don Juan, nell’ennesimo elemento che costituisce l’isola del Tonal. Tutto intorno ad essa il Nagual è come un mare senza fine e gli sciamani ne sono i temerari esploratori. L’uomo comune è condannato a vivere una condizione in cui tonal e nagual restano perpetuamente divisi: la nascita ci scaraventa nel mondo del tonal e la morte ce ne separa. Il nagualresta sempre sullo sfondo: se talora udiamo la sua voce è solo un sussurro terribile e spaventoso. Gli sciamani possono percepire l’energia così come fluisce nell’universo, in un’esperienza cognitiva da cui la mente ed il linguaggio sono esclusi (laconoscenza silenziosa).

Alcuni di loro possono mettere i loro apprendisti direttamente in contatto con questa forza senza limiti e vengono chiamati Nagual essi stessi. E’ l’appellativo che spetta di diritto a Juan Matus e a Carlos Castaneda.

Percepire l’energia

Gli sciamani sono “stregoni” non nel senso che usano poteri sovrannaturali o evocano spiriti per mezzo di rituali o incantesimi, bensì in quanto sono percettori dell’Infinito ed hanno superato i limiti del mondo quotidiano, il tonal.

Alla percezione degli sciamani l’universo appare formato da innumerevoli campi di energia che hanno la forma di filamenti luminosi. Sembrano irradiare tutti da una fonte primaria che alla loro visione appare un’Aquila. Questi filamenti, le emanazioni dell’Aquila, possono raccogliersi in grandi fasce, intrecciate fra di loro in tutte le relazioni possibili, o essere racchiusi in una sorta di involucro, di “bozzolo” luminosi, dalle forme più svariate. Ad ognuna di esse corrisponde una delle miriadi di specie che popolano l’universo. Anche gli esseri umani sono composti da innumerevoli campi di energia filiformi, che formano un agglomerato simile ad un “uovo” luminoso. Una piccola parte delle emanazioni dell’Aquila racchiuse in questo bozzolo risulta più intensamente illuminata alla contemplazione dei veggenti: è il “punto d’unione” (o punto di assemblaggio). I campi di energia situati intorno al punto d’unione si allineano ai campi energetici delle grandi fasce di emanazioni circostanti, generando un bagliore più intenso: lo splendore della consapevolezza, cioè il miracolo della percezione. Ma solo una piccola parte delle emanazioni contenute nel bozzolo è impegnata nel processo della percezione, il resto è esclusa dal bagliore del punto d’unione.

Tutte le tecniche insegnate da don Juan a Castaneda avevano lo scopo di “spostare” il suo punto d’unione dalla posizione abituale, vincendone la resistenza naturale e imperativa in tutti gli uomini, impegnati strenuamente a proteggere la “realtà” e la concretezza del mondo. Ma diventare sciamani significa proprio questo: liberare il punto d’unione dalla sua posizione abituale, permettendogli di allineare altri fasci di emanazioni e di aprire così nuovi ambiti di percezione. E’ il secondo anello del potere, a disposizione di tutti gli uomini, ma accessibile ai soli sciamani.

Piccoli spostamenti del punto d’unione avvengono naturalmente nel corso del sonno: nei brevi istanti in cui la percezione si fissa su una posizione inusuale l’uomo sogna. Uno spostamento dello stesso genere permette ad uno stregone di fissare il punto d’unione del suo apprendista in una posizione particolare, chiamata seconda attenzione, contrapposta alla prima, quella della vita di tutti i giorni. In quella posizione si svolgerà una seconda, essenziale, fase dell’insegnamento, che l’apprendista potrà scoprire solo quando sarà in grado di liberare da solo il punto d’unione dalla fissità della posizione abituale.

Il cammino dell’apprendista

Ma come si diventa sciamani? Cosa ha permesso a Castaneda di diventare l’apprendista dello stregone yaqui Juan Matus? Nessuna qualità, né acquisita, né innata. E’ stato l’Intento, la forza indescrivibile ed ineffabile che pervade tutto, a fare la sua scelta e tanto per il giovane antropologo, quanto per il vecchio Nagual è stato impossibile sottrarsi al “segno” inviato dallo Spirito.

Da allora in poi gli insegnamenti si sono svolti su un duplice livello: nella consueta posizione del punto d’unione, la prima attenzione, chiamato anche lato destro, dove lo sciamano deve convincere il suo apprendista che l’apparente concretezza del mondo è un’illusione, ed in una posizione leggermente sfalsata dello stesso punto d’unione, quella della seconda attenzione, olato sinistro(perché alla visione del veggente il punto d’unione è collocato a destra, oppure a sinistra del centro dell’uovo luminoso).

Questa seconda posizione, raggiunta dall’apprendista in virtù dell’intervento ( il “tocco”) del Nagual, può essere sostenuta solo per periodi di breve durata, poi la forza dell’allineamento consueto prevale e tutto torna come prima.

Le istruzioni per il “lato sinistro”, la posizione anomala del punto d’unione, si svolgeranno parallelamente alle altre, ma rimarranno inaccessibili alla memoria di Carlos Castaneda, finchè lui stesso non sarà in grado di spostare il punto d’unione da solo, senza l’intervento di don Juan. Compito dello sciamano è quindi quello di mettere il proprio apprendista in grado di provocare da solo quello spostamento, in modo da poter attingere al patrimonio di esperienze ed informazioni che sono state depositate in lui in uno stato di coscienza alterata. La lunga serie di esperienze e di pratiche, rivolte a modificare in tutto e per tutto la vita dell’apprendista, dovranno culminare drammaticamente nell’atto di saltare consapevolmente da un abisso: solo un volontario spostamento del punto d’unione consente allora all’apprendista di sfuggire alla morte.

Da quel momento in poi la sua vita sarà dedicata a riassemblare la totalità degli insegnamenti ricevuti, in un processo di scoperte e rivelazioni clamorose. Carlos Castaneda scoprirà, per esempio, di aver interagito per anni con persone del seguito di don Juan e di averne perso completamente memoria; si renderà dolorosamente conto di aver addirittura dimenticato la propria controparte energetica, la donna Nagual, Carol Tiggs. Come giocando con una matrioshka, scoprirà di avere un gruppo di apprendisti, essendo a sua volta un Nagual, e poi un altro gruppo ancora, entrambi con la propria indipendente striscia di ricordi.

Le tecniche

Per seguire il sentiero degli stregoni e realizzare la rivoluzione interiore che lo trasformerà in uno sciamano Castaneda deve sconfiggere, come un vero e proprio guerriero una serie di nemici.

In primo luogo la propria “importanza personale”, quella totale identificazione con se stesso che dà ad ogni uomo la convinzione di essere speciale e il diritto di sentirci sempre offeso da qualcuno o da qualcosa, nonché l’illusione di essere immortale.

Al fine di vincere questo nemico il guerriero deve “cancellare la storia personale”, cioè scoprire e disattivare le proprie ossessioni e limitare l’incidenza delle abitudini: riacquisterà così la naturale fluidità, creandosi attorno una nebbia che rende impossibile agli altri, ed in primo luogo alla sua mente stessa, di inchiodarlo ad una visione univoca e statica di sé, fatta di punti di vista ed opinioni definitive e limitanti. Come la cancellazione dell’importanza personale libera il guerriero dall’invadenza del proprio io, così un’altra tecnica straordinaria, il “non fare”, gli permette di sgominare un secondo temibile nemico: l’illusione dell’irreversibile saldezza della realtà. Il mondo ordinario è sostenuto dal “fare”, cioè da una visione coerente della realtà, prodotta dall’ancoraggio del punto d’unione di tutti gli uomini nella medesima posizione; la pratica del “non fare” è incentrata su una multiforme serie di esercizi, tutti tesi a incrinare la nostra assoluta credenza nell’effettiva realtà della visione del mondo costruita dai nostri sensi.

Ma la pratica più importante di tutte è la ricerca sistematica del silenzio interiore. L’interruzione del dialogo interiore, cioè del flusso di pensieri che noi incessantemente rivolgiamo a noi stessi, è una tecnica base in molte discipline spirituali, per esempio in alcuni sistemi di meditazione yogica. Se eliminiamo l’interferenza del dialogo interno, che ci impone di non cercare nulla oltre i limiti delle sue categorie, la nostra ragione è costretta a farsi da parte ed allora molte meraviglie diventano possibili: una cosa semplice come “guardare” può trasformarsi nell’atto magico di “vedere”, cioè nella percezione diretta dell’energia così come fluisce nell’universo. Portare a compimento quest’impresa significa fermare il mondo, cioè interrompere per sempre la coesione e la coerenza della nostra percezione.  Per raggiungere il pieno controllo di qualunque spostamento del punto d’unione sono indispensabili al guerriero altre due pratiche: l’agguato e il sognare. L’agguato sviluppa la capacità del guerriero di mettere sotto osservazione i propri comportamenti e quelli degli altri, in modo da poter gestire se stesso al meglio in ogni situazione; coloro che sono particolarmente portati per questa pratica sono detti cacciatoriSognatori sono invece chiamati coloro che eccellono nell’arte di sognare (descritta nell’omonimo libro). Questa tecnica si fonda sulla possibilità che i sogni comuni, prodotti dal naturale spostamento del punto d’unione durante il sonno, possano tramutarsi in vere e proprieporte verso altri mondi. Imparare a controllare sistematicamente questi spostamenti mediante particolari tecniche (celebre quella di impartirsi l’ordine di trovare e poi contemplare le proprie mani in sogno) consente di mettere a fuoco l’attenzione ed accrescere la consapevolezza all’interno del sogno stesso, sviluppando altresì il corpo di sogno, una sorta di doppio eterico dell’io stesso, non meno reale e consistente di questo.Il sognare descritto da Castaneda è analogo al sogno lucido studiato dall’odierna parapsicologia e le tecniche proposte presentano notevoli analogie con lo “Yoga del sogno” esposto dal maestro tibetano Namkhai Norbu.

Pietra angolare dell’insegnamento tolteco è infine la tecnica della ricapitolazione, descritta per la prima volta ne Il dono dell’Aquila e portata poi in primo piano nelle opere successive. Ricordando sistematicamente gli eventi, le emozioni, le interazioni e persino le idee e le fantasticherie che costituiscono la trama della vita di ognuno di noi è possibile recuperare l’energia che vi abbiamo profuso e che vi giace intrappolata. Ricapitolare per intero tutta la propria storia personale è molto di più che un semplice esercizio, è una pratica che gli antiche sciamani toltechi vedevano connessa con l’unica possibilità concessa all’uomo (per l’appunto il dono dell’Aquila) di sfuggire ad una morte altrimenti inevitabile ed affacciarsi sul palcoscenico della Libertà Totale.

L’ultima sfida

Alla fine della vita di ogni essere umano l’Aquila reclama la consapevolezza che è stata elargita al momento della nascita. Quando muoiono, infatti, gli esseri umani entrano nell’Ignoto come consapevolezza incorporea che giunta dinanzi al “becco” dell’Aquila viene dissolta e divorata. Gli stregoni, che hanno esplorato l’Ignoto nel corso della loro vita, sviluppando al massimo grado la loro consapevolezza, hanno un’estrema possibilità: presentare all’Aquila il frutto della loro ricapitolazione, una sorta di duplicato della loro consapevolezza. Se questo pedaggio viene pagato l’Aquila permette loro di scivolare oltre e di continuare, senza perdere consapevolezza, il lungo viaggio nell’Infinito. Così, secondo il racconto di Castaneda, lasciarono il mondo don Juan e i guerrieri del suo seguito, permettendo a tutte le emanazioni dei loro bozzoli di allinearsi con le emanazioni esterne e di risplendere all’unisono nello splendore della consapevolezza. E’ il fuoco dal profondo, l’ultimo consapevole atto della vita di uno sciamano, l’epilogo vittorioso di tutte le sue battaglie. La battaglia per gli stregoni però non termina mai. Essi continuano la lotta per la consapevolezza in altri livelli di realtà, dove si può vivere e morire. Gli sciamani viaggiano nell’Infinito e questa terra non è altro che una tappa di questo viaggio. E’ l’universo stesso che consente allo stregone di trasformarsi in pura coscienza: il suo corpo diventa pura energia e, nella nuova forma, lo attendono nuove sfide.

Lascia un commento