Un breve intervallo di tempo, un lampo fulmineo nello scorrere multiversale del tempo. L’uomo per le stelle è come una falena che nasce e muore in un battito cosmico, questione di percezioni, di come si avverte il susseguirsi delle ore, dei giorni, di momenti e di cicli e di stagioni.
Dalla nascita alla morte, come vogliamo riempire questo intermezzo che subdolamente ci sembra infinito? Considerando che ogni tempo trascorso è strettamente correlato al futuro, ed è quindi un vettore che scorre in avanti e non ritorna, sarebbe il caso di impiegarlo positivamente, o no?
Secondo lo psicologo Michael Wallach del Massachusetts institute of technology ha riscontrato che, quando si chiede di descrivere il passare del tempo con una metafora, i giovani usano immagini statiche (“un oceano immobile”) mentre le persone mature scelgono immagini in rapido movimento (“un treno in corsa”).
All’Università Ludwig Maximilian di Monaco, con una ricerca su 499 persone tra i 14 e i 94 anni, si è visto che man mano che l’età avanza si ha sempre di più l’impressione che gli ultimi 10 anni della propria vita siano passati velocemente. Questa tendenza raggiunge il picco a 50 anni, poi non cresce ulteriormente. (fonte http://www.focus.it/cultura/curiosita/perche-il-tempo-passa-cosi-in-fretta)
“La percezione temporale appare influenzata dalle condizioni biochimiche in cui il corpo e il cervello si trovano. La dopamina, in particolare, è uno dei principali neurotrasmettitori coinvolti, e tende a produrre la sensazione che il tempo trascorra più velocemente. Lo stesso avviene quando si assumono sostanze, come la cocaina, che potenziano l’effetto della dopamina. Al contrario i neurolettici – i farmaci usati per trattare malattie come la schizofrenia – ne inibiscono l’effetto, e dunque la percezione temporale è opposta,e il tempo si allunga. In aggiunta diverse zone cerebrali sono chiamate e rispondere a questi mediatori chimici: in sintesi, secondo questa teoria, la percezione del tempo è connaturata nel nostro sistema neuronale e invecchia man mano che invecchiamo, favorendo quel senso del tempus fugit”. (fonte http://www.medicinanarrativa.eu/la-percezione-del-tempo-riflessioni-riflessioni)
Si sente spesso dire “ho passato il tempo”, come se “passare” fosse un atto passivo e dovuto al fatto di essere – tutto sommato – vivi, ma è meglio passare il tempo o viverlo? Non avete mai fatto caso che in alcuni momenti (purtroppo sempre più rari) ci si rende conto di quanto tempo sia passato e di quanto poco lo si sia valorizzato quanto meriterebbe?
Siamo d’accordo… il tempo vola quando siamo contenti e proviamo piacere. Mentre, al contrario, ci pare che non passi mai quando siamo in una situazione sgradevole, ma passare la vita cercando di essere felici o ricercando la felicità non è in fondo come cercare il famoso ago nel pagliaio? Perdere intere giornate alla ricerca di quelle emozioni e sensazioni che portino benessere ed appagamento non è un po’ come correre dietro ad un miraggio?
Può sembrare realistico che giornate susseguentisi una all’altra possano passare senza nessun evento karmico negativo? O che nessuna interferenza karmica possa turbare la nostra tranquillità? Sono tutte domande che hanno come risposta un comportamento anomalo dell’uomo comune, che spera e confida in un continuo stato di beatitudine emotiva. Niente di più sbagliato.
Il motivo? Molto semplice… la felicità è uno stato interiore di accettazione attiva di ciò che avviene nella nostra vita. E’ un atteggiamento positivo ed ottimistico che volge la nostra attenzione agli eventi positivi e li enfatizza a scapito degli eventi spiacevoli.
Abbiamo potuto constatare che la percezione del tempo che passa deriva anche da una situazione biochimica legata alla Dopamina, il nostro cervello, nella fattispecie dei neuroni dopaminergici allocati nel mesencefalo, ci danno la percezione del tempo che passa, addirittura è stato scoperto che l’inibizione o l’attivazione di tali neuroni ci fa variare il senso del tempo.
Quindi come possiamo ottenere la corrispondente attinenza concettuale tra “tempus fugit” e felicità? Semplicemente meditando, infatti nel corso della meditazione si verifica un rilascio della dopamina endogena in conformità con un aumento dell’attività delle onde teta, il tutto registrato tramite elettroencefalogramma, il tutto senza medicinali o interventi esterni.
La Karmanautica utilizza la meditazione (tratta dal Buddhismo Shingon), ma anche diversi tipi di respirazioni simili al Pranayama) proprio per agire sul sistema endocrino e per migliorare la propria condizione psicofisica, e per vivere in maniera ottimale tutti gli eventi karmici.
Possiamo constatare quindi che il tempo certamente scorre, ma che siamo noi stessi che dobbiamo dargli il giusto valore, per non doverci rammaricare di ciò che avremmo potuto fare e che non abbiamo fatto.
Vi lascio, cari lettori (spero futuri Karmanauti) con un frase di Erich Fromm:” L’uomo moderno crede di perdere qualcosa – il tempo – quando non fa le cose in fretta; eppure non sa che cosa fare del tempo che guadagna, tranne che ammazzarlo.
Wake up people!