Non so se vi sia mai capitato di traslocare, per un motivo o per un altro siete costretti a cambiare casa, vi accorgerete che avete accumulato oggetti e cose che non pensavate nemmeno di avere e di cui non sentivate nessuna necessità. Oggetti impolverati o rotti, mal funzionanti oppure incompleti, mazzi di carte, matite spuntate, racchette rotte o magliette macchiate, e tutte insieme un bel mucchio fanno, di spazio e di ordine vi portano danno e se questa filastrocca fa rider gli sciocchi ascoltate qua… vi apro un po’ gli occhi… In realtà questo zibaldone di cose è l’immagine stesso del vostro senso del possesso e dell’avidità che vi rende schiavi. Schiavi di oggetti che per quanto rotti vi creano “ancoraggi karmici” a circostanze, ricordi, pensieri passati, tutte “concrezioni karmiche” inutili e che dovrebbero essere cestinate.
Se ogniqualvolta tentate di disfarvi di quei sopracitati oggetti, venite presi dal dubbio che in un qualche modo possono comunque esservi di una qualche utilità, significa che fate parte della schiera di avari e che il vostro posto sarà accanto ai prodighi, agli iracondi ed agli accidiosi (temi trattati precedentemente) nel quarto e quinto cerchio dell’Inferno, dove Dante li trova mentre compiono una specie di dabze macabre con i prodighi. I dannati spingono massi pesantissimi con il petto lungo la circonferenza del cerchio, ma non in tondo; un gruppo occupa un semicerchio e l’altro gruppo un altro e girano in modo da scontrarsi in due punti estremi diametralmente opposti. In quei punti essi si ingiuriano dicendosi reciprocamente “Perché tieni?” (perché conservi?), “Perché burli (perché sperperi)?”, poi si voltano e rifanno il semicerchio nella direzione opposta scontrandosi nuovamente e ripetendo “ab aeterno” questa azione tra il bizzarro ed il faceto…
La cupidigia, l’avidità il senso del possesso come aberrazione, sono tutte mancanze di consapevolezza della realtà, secondo l’Induismo questo porta al “Klesa” che in sanscrito significa “miseria” o “dolore” e quindi, tutto ciò che contribuisce a causare le miserie dell’uomo. Sempre l’Induismo ci fornisce questi dati (fonte wikipedia) “La mancanza di consapevolezza della realtà (avidya), il senso dell’egoismo, o senso dell’io-sono (asmita), le attrazioni e le repulsioni verso gli oggetti ed il forte attaccamento alla vita costituiscono le grandi afflizioni (kleśa) o cause di tutte le miserie della vita”. (Yoga Sutra, II-3). Nel Buddhismo lo stesso concetto prende il nome di “Tre veleni” ovvero ignoranza, desiderio/attaccamento e avversione/rabbia.
Il mio, l’io, il collegato senso del possesso (che sfocia in invidia, gelosia, superbia, rabbia e frustrazione) sono tutti i frutti dell’incomprensione della nostra permanenza su questo piano materiale, la consapevolezza dell’Anitya, “impermanenza”, è un termine sanscrito che fa parte della dottrina Buddhista e che fa capire che l’umanità intera è solo di passaggio e che è inutile accumulare beni materiali a scapito dell’illuminazione data dalla comprensione e dalla consapevolezza, inutile dire che chi, al contrario è preda e schiavo della materialità si “ammala” di duḥkha, la sofferenza o l’insoddisfazione perenne connaturata alle cose mondane.
Pensate, nemmeno cento anni fa, non esistevano smartphone ne televisori, non c’erano videogiochi o passatempi elettronici, le famiglie si sedevano alla sera attorno ad un tavolo e si raccontavano le esperienze che così si tramandavano di generazione in generazione, si imparavano i segreti della terra dai genitori che li avevano appresi dai nonni che li avevano appresi dai bisnonni, e loro dagli arcavoli e a loro volta dai bisarcavoli e loro dai quinti savi… patrimoni che nessun artefatto elettronico odierno sarebbe in grado di riprodurre, e voi siete schiavi di oggetti senza alcun valore e vi frustrate se non siete in grado di comprarli…
Ma una estensione in grande dell’avarizia coinvolge anche gli studi sociologici, secondo la Sociologia infatti, può essere considerata avarizia anche ignorare il benessere collettivo a favore del proprio, quello che possiamo notare nei nostri politici, argomento quantomai odierno e drammaticamente attuale.
Pensate quanti politici troveremo intenti a far rotolare massi pesantissimi in semicerchio pronunciando la frase “perché burli! Perché burli!” all’indirizzo dei prodighi, loro danteschi avversari…