Il Ninjutsu…. L’insieme di specializzazioni Marziali e militari degli uomini vestiti di nero che colpivano nell’ombra e che saltavano e rotolavano lanciando stelle d’acciaio…Storia mescolata col mito e con le ingannevoli scene degli scadentissimi film cinesi che hanno avuto il merito/demerito di far conoscere (fuorviando irreparabilmente) i Ninja. Eterni cattivi che venivano tutti trucidati dopo anni di estenuanti e massacranti addestramenti fisici e mentali… da una singola tecnica dell’immancabile eroe romantico e tormentato di turno.
Storicamente ne troviamo traccia ne “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu alla voce “L’Uso delle spie”, e se consideriamo che parliamo di un testo risalente al V, IV sec. a.C, possiamo capire come sia radicato il fenomeno dello spionaggio e dei personaggi che ne fanno parte.
Quello che fa specie è che la descrizione che viene fatta e le caratteristiche delle spie utilizzate richiamano, per quanto riguarda specializzazioni e competenze, ai più moderni manuali operativi, e se pensiamo che Sun Tzu era contemporaneo di Platone…
Ma se nelle radici del Ninjutsu, possiamo intravvedere più tecniche marziali, (vedi le Nove Scuole, dove ogni Scuola aveva un diverso Soke e diversi metodi e stili di combattimento), per quanto riguarda il sistema filosofico si alza un’ onda di congetture, C’è chi li vede aderire all’ Onmyodô, (Una sorta di Via del Tao Giapponese, che come studio delle leggi che regolano l’Universo prese il nome di OnMyoGoGyo vertendo essa sulla Teoria dei Cinque Elementi) c’è invece ne fa risalire la struttura al Taoismo stesso. Possiamo notare comunque che l’iter di studi di un antico Ninja era simile ad uno stregone Nagual di Castanediana memoria, vista l’intimità con la natura che diveniva alleata e “Mater” durante le sue missioni, perché solo una commistione con la natura stessa poteva dar modo a questa figura tenebrosa di occultarsi tra i suoi anfratti come una ragno nella sua tana…
Nelle epoche successive l’Onmyodô si trasformò in differenti sistemi sapienziali il cui ultimo rappresentante della cultura filosofica a cui aderirono i Ninja prese il nome di Shingon o Mikkyô, (sul Buddhismo Shingon ritorneremo successivamente).
Mi sembra comunque logico pensare che i differenti Clan o Ninja Gumi, avessero un loro modo indipendente di vivere la filosofia, basata sull’esperienza diretta e sul dato vissuto.
E’ chiaro che la loro visione filosofica era una frammistione di concetti che dovevano essere anche essere utili nella vita quotidiana, momenti di contingenza in cui il fisico e lo psichico (catalizzato e sublimato in spirituale) si intrecciavano saldamente come Draghi in Lotta…
Io penso che comunque ogni Clan non avesse la presunzione egoica di affermare la propria identità Ninja, come avviene ora, dove solo un’ appartenenza diretta ti dona la stima dei varii appassionati.
Penso anche che il Ninjutsu/NinPô debba essere vissuto come si vive una Via Iniziatica, con tutto l’impegno e la dedizione necessari per progredire, non solo nelle tecniche (sono ben poca cosa in confronto di ciò che si è dentro), ma anche nel quotidiano interiore.
Solo vivendo un intimo contatto con la Natura naturante (concetto che verrà esaurito successivamente), e la fonte del proprio essere può far si di divenire veri praticanti di NinPô (forma sublimata di Ninjutsu, dove è lo spirito a prevalere sulla tecnica in se).
Questo è l’iter di studi che il Kuro Kumo Ryu Ninjutsu cerca di portare avanti da diversi anni. Non una serie di tecniche “scimmiottate” o eseguite a pappagallo, ma che sgorgano dal proprio intimo, trasformate dal proprio shin per esaudire quella parte della sophia che vede lo shin della triade Shin Tai e Waza (Mente intesa come Kokoro/Cuore, Corpo e Tecnica), nella tradizione di Takuan Soho, Yagyu Munenori ed altri combattenti della mente, imbattibili nel corpo grazie ad una tecnica non tecnica (MuJutsu), in quanto praticata dal corpo, ma filtrata e sublimata dalla mente e dal Cuore. Un Ninja non era tale solamente perché vestiva di nero o portava con se il Ninja To, ma perché aveva l’abilità mentale e spirituale di trasformare ciò che utilizzava in Ninja To, Yari, metsubushi ed altro. Questo è quanto stiamo facendo per far ri-emergere quella capacità innata nell’uomo, creata per l’uomo e di cui l’uomo è stato privato nel corso dei secoli, l’arte di creare e crearsi, di trasformarsi e seconda delle occasioni e delle esperienze sapendosi sempre reinventare…. La capacità del Ninja di resuscitare dopo essere stato eliminato, e di rinascere tramite un processo di Palingenesi come la Fenice, affrontare un problema e non riuscire a risolverlo, ma ritentare più e più volte, con adattabilità quando la situazione lo richiede e con tenacia quando diviene necessario. Questa è l’Arte della Perseveranza che richiede tre fattori, l’essere Uomini, sapere usare la Spada e lavorare con il Cuore, (naturalmente è un lavoro interiore)
E un compito difficile e solitario, infatti è un lavoro interno che presuppone il conoscere se stessi, sapersi mettere in discussione in ogni momento, essere adattabili e saper adattare, certo è più divertente pensare a tirare gli shuriken o arrampicarsi sugli alberi (ultimamente è diventato un vero e proprio sport praticato anche da adulti), ma questo è solo un modo per potersi sentire differenti e raccontare agli amici, le “ultime imprese” in Dôjô, insomma è un allenamento dell’ego, puro e semplice… ovvero tutto il contrario di ciò che deve fare un vero cultore di Ninjutsu.
Osa e taci non è soltanto un concetto appartenente ad una cultura operativa esoterica, è un concetto molto ampio a cui dovrebbero aderire tutti coloro che lavorano dall’interno… Senza proclami o strombazzamenti varii. Saper tacere con i profani è l’unico modo di procedere senza inciampare in sterili polemiche sul chi è il più forte o il più bravo, senza rotoli, pergamene o cinturine varie.
Questo è il pensiero del Kuro Kumo Ryu Ninjutsu, in tutto rispetto alle varie Scuole di Ninjutsu, conosciute e sconosciute…