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Trasformare le emozioni negative

Un giorno un maestro Zen vide un suo allievo in Zazen completamente rigido e con una espressione accigliata,  impugnò il kyosaku ed iniziò a percuoterlo gridando “Lascia andare! Lascia andare!”

Lo sciocco non perdona e non dimentica.
L’ingenuo perdona e dimentica.
Il saggio perdona, ma non dimentica.

Thomas Szasz

Gli episodi karmici negativi lasciano sempre una impronta emotiva più o meno grave, in base alle variazioni umorali che ci ha provocato e che abbiamo trattenuto, più grande è il dolore o l’afflizione che questo evento ci ha provocato e più tempo servirà per dimenticare.

Uno dei problemi più gravi consiste negli stati di “ruminamento” e “rimuginio”, vere e proprie psicopatologie che portano ansia e depressione, infatti il pensare in modo insistente e ripetitivo innnesca un circolo vizioso rinchiudendo chi lo mette in atto. Questa modalità di pensiero passivo e/o relativamente incontrollabile sottende emozioni diverse tra loro, come l’ansia, la rabbia e la depressione.

Una soluzione potrebbe trovarsi nella pratica del kintsugi 金継ぎ

o kintsukuroi 金繕い (letteralmente riparare con l’oro) una pratica giapponese che consiste in un lungo processo di metabolizzazione dell’esperienza vissuta e di riparazione attraverso la consapevolezza e l’accettazione dell’accaduto.Il kintsugi è l’arte di esaltare le ferite e non riguarda solo i vasi preziosi, ma può considerarsi una forma di terapia che facilita la trasformazione  delle ferite in punti di forza e le esperienze dolorose della vita in esplosioni di gioia.

Ma la soluzione più adeguata è il perdono vissuto come “lasciar andare”, ovvero fare si che la propria mente si distacchi dai torti subiti, eliminando gli ancoraggi a tutte quelle emozioni legate al sentimento di rivalsa, vendetta o rancore tutti  sentimenti e stati d’animo negativi che si sperimentano in  situazioni rabbia, rancore, stress, ansia o odio, sono armi letali che inconsapevolmente ci si auto infligge.

Daniel Lumera, autore di bestseller internazionali, docente, conferenziere, ed esperto nell’area delle scienze del benessere, della qualità della vita e nell’educazione alla consapevolezza, afferma che “Il perdono è uno strumento terapeutico di eccezionale efficacia: se usato correttamente disintossica il corpo, la mente e lo spirito, permettendo di riconquistare fiducia in se stessi”.

Il mio punto di vista personale (fedele al concetto dell’I Shin Tonkei- Massimo risultato minimo sforzo) è che il perdono sia un termine generico e vago, difficilmente realizzabile in un breve lasso di tempo che necessita di un vero e proprio percorso di disintossicazione, mentre il vero distacco risieda nei concetti del Raffinamento Spirituale del Ninja (Seishin Teki KyoHō) come ad esempio il “Bansen Fugyō” (Non meravigliarsi nemmeno di fronte a Diecimila cambiamenti) o il “Kajo waraku, Kajo Chikusei” (Avere il Cuore come un fiore e lo Spirito come il Bambù). Come noterete questi “stati della mente” non richiedono sforzi o esercizi complicati, ma solamente l’applicazione del distacco.

Se paragoniamo gli eventi karmici (siano essi positivi o negativi) ai fili di una ragnatela, dobbiamo essere come il Ragno che non rimane invischiato, ma che gestisce i filamenti (naturalmente adesivi, quindi infidi) con le proprie zampe adatte a muoversi quasi pattinando su di essa… rimanendo “distaccato”.

Il distacco è proprio il mezzo ottimale per tenere lontani ancoraggi karmici negativi legati ad eventi spiacevoli, traumatici o dolorosi, NON E’ una rimozione del proprio bagaglio vissuto o uno stato dissociativo, ma è una sorta di “allontanamento” per vedere le cose da una prospettiva diversa, di più ampio respiro.

Come citato nell’Ottavo Aforisma della Karmanautica “L’osservazione del quotidiano karmico deve sottostare alla regola del “Ma Ai” – Giusta Distanza – solo così si potrà ottenere la prospettiva necessaria ad un’attenta analisi, un “giusto vedere” che si differenzia dal “guardare senza vedere”. Guardare senza vedere: atteggiamento/stato tipico dell’osservazione superficiale che vede solo attraverso la realtà soggettiva, che non coglie le trame del Velo di Maya ma solo gli effetti più immediati. Questo atteggiamento è prerogativa di chi osserva la realtà “a pelo dell’acqua”, senza conoscere né tantomeno considerare i rapporti di causa/effetto”.

Come citato nel mio ultimo articolo tratto dal Fudōchishinmyōroku “Testimonianza segreta della saggezza immutabile” del Monaco Zen e abile spadaccino Takuan Sohō,

in cui si ritiene ignoranza  l’assenza dell’’illuminazione, l’oscurità, inganno, errore, illusione, quella illusione o kasumi (annebbiamento) in cui rimane invischiata la mente che non si distacca. “La mente si ferma quando è trattenuta da un oggetto,un’azione, una riflessione, una preoccupazione la quale può essere di qualunque natura”. E ancora “Nell’ambito dell’arte marziale stessa fermarsi significa, ad esempio, osservare la spada in movimento mentre sta per colpire.
La mente, fissa, si preoccupa della spada in se, e non permette ai movimenti dello spadaccino di essere liberi e compiuti. In quel medesimo istante l’avversario ha la meglio.
Occorre fare in modo che la mente non venga trattenuta dalla visione della spada che si muove per colpire”. Si rende quindi necessario staccarsi dalla mente stessa per potersi separare da quegli stati emotivi opprimenti creati dagli eventi karmici negativi…

Quindi Wake up e lasciate andare! Lasciate andare!!!

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